Recensione: Little Big Planet PSP

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    Little Big Planet

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    Uomini; popolo di incurabili sognatori. Costantemente assorti nei propri pensieri, questi buffi esseri amano fantasticare, vivere con la testa fra le nuvole, sognare ed immaginare avventure sospese nello spazio e nel tempo. Queste idee volano invisibili per poi unirsi, svilupparsi e crescere formando un mondo lontano, assolutamente differente da quello grigio e banale della realtà quotidiana.
    E verso la fine di ottobre del 2008, un simpatico videogioco si fece carico dell'onere di trasportare i fortunati videogiocatori in questo magico luogo, custode di tutti i sogni e le fantasticherie: il suo nome era Little Big Planet.
    Il lavoro dello sviluppatore britannico Media Molecule è stato un fulmine a ciel sereno, una rivelazione dalla forza dirompente del mare in burrasca, e dalla grazia gentile di un fiore che sboccia. La piccola grande rivoluzione offerta dal team fondato da Mark Healey e Alex Evans ha saputo miscelare alla perfezione il sapore della tradizione platform con la potenza esplosiva delle nuove idee e degli ultimi ritrovati tecnici. Giocare, Creare e Condividere: un motto che racchiude la semplice filosofia alla base del titolo.
    Adesso, ad un anno di distanza, i simpatici Sackboy, acclamati a furor di popolo come mascotte dell'ammiraglia Sony, ritornano alla carica, facendosi piccini piccini per entrare nella PSP.
    La versione portatile del titolo, affidata alle sapienti cure dello Studio Cambridge, non solo non è una versione in scala ridotta del titolo originale, ma un prodotto dotato di vita propria che ne eredita le caratteristiche principali, pur con gli ovvi compromessi del caso.
    L'Imagisfera La trama è molto semplice, ma già dopo pochi livelli si dimostra decisamente furba: il capitolo PS3 ha destato il sognatore dormiente che si cela in ognuno di noi, ampliando a dismisura l'Imagisfera, ovvero il mondo della fantasia. Adesso è giunto finalmente il momento di festeggiare, magari organizzando un pomposo carnevale dove fare baldoria e darsi alla pazza gioia. Purtroppo però cinque dei “creativi creatori” migliori, a causa di misteriosi problemi, hanno rifiutato l'invito a parteciparvi; per far sì che il festival si riveli un successo c'è un assoluto bisogno della loro forza creativa e toccherà a noi convincerli a prendervi parte.
    Il pretesto, semplice ma efficace, calza a pennello con l'impronta pseudo-fanciullesca propria del titolo e ci offrirà nuovamente l'occasione di andare in giro per il pianeta e visitare i luoghi più disparati, dall'antica Cina all'Australia, presentandoci l'occasione di rimpinguare il nostro set di adesivi e personalizzazioni raccogliendo i vari oggetti disseminati per il livello, o raggiungendo particolari obiettivi di gioco.
    PlayLittleBigPlanet PSP è un platform a scorrimento orizzontale, dove il giocatore sarà chiamato a vestire i buffi panni di un piccolo pupazzo di pezza, il Sackboy, con il quale affronterà i trenta livelli ideati dagli sviluppatori per la modalità storia.
    Il gameplay, il sistema di controllo e in generale tutti gli strumenti che ci aiuteranno nella progressione sono rimasti pressochè invariati rispetto a quanto visto sulla console maggiore: dovremo arrivare al termine del livello superando salti ed ostacoli, evitando insidie di ogni sorta, spremendoci le meningi per risolvere i mai troppo difficili enigmi ambientali. E poi afferrare oggetti e leve, o premere interruttori, azionando strani meccanismi e affrontando gli immancabili boss. La proposta ludica è soddisfacente e mai ripetitiva: i livelli costruiti dagli sviluppatori offrono spunti e situazioni nuove rispetto al capitolo PS3, seppur con una complessità strutturale meno pronunciata, e una certa semplificazione delle routine fisiche alla base del titolo. Tutto però passa in secondo piano grazie ad un tipo esperienza inusuale per una piattaforma portatile.
    La meccanica di gioco è stata leggermente snellita, probabilmente per venire incontro ai limiti tecnici della piccola console, portando i piani di profondità da tre a due. Grazie a questo, e all'ottimo lavoro seguito ai vari feedback dell'utenza, le meccaniche automatiche del salto sono state affinate e rese più precise. Pur comunque richiedendo un breve periodo di adattamento, specialmente per prendere la giusta confidenza con il sensibile analogico, avremo la situazione sempre sotto controllo.
    Impalcatura ludica a parte, il titolo confezionato dai ragazzi dello studio Sony Cambridge dimostra, comunque, sin dal filmato d'apertura di avere più di qualche debito nei confronti della versione originale, senza tuttavia cadere in una copia insipida, ma rivelando piuttosto una lucida ed intelligente rielaborazione dei contenuti che ha raggiunto il duplice scopo di mantenere l'ottima impostazione originale e di evitare un fastidioso senso di già visto che produzioni meno attente solitamente presentano.
    L'unico vero difetto riscontrabile è l'assenza di una qualsivoglia modalità multigiocatore, a detta degli sviluppatori causata dai limiti dell'hardware PSP, che ne hanno impedito l'implementazione. Questa mancanza va purtroppo a colpire ed eliminare lo spirito cooperativo del titolo, una delle caratteristiche maggiormente apprezzate dell'intera produzione. Nonostante questo LittleBigPlanet PSP rimane un platform sincero e solido, atipico e divertente.
    È il caso di chiarire che difficilmente i pochi detrattori del brand cambieranno idea con questa versione, ma in compenso tutti lettori che hanno già apprezzato ed amato l'esperienza offerta dal titolo PS3 non resteranno delusi, trovando nella produzione oggetto della recensione una sorta di continuum ludico del capolavoro simbolo dell'ammiraglia di casa PlayStation.
     
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